"Inventare i Virus" - di William C. Summers (Annu. Rev. Virol. 2014. 1:25–35.)

Documento: L'Invenzione dei Virus


Fonte: Estratti da: Inventing Viruses, William C. Summers, Annu. Rev. Virol. 2014. 1:25–35.


Data: 2 aprile 2025


Autore del Briefing: IA notebooklm




Introduzione:


Questo documento riassume i temi principali e le idee più importanti presentate nell'articolo "Inventing Viruses" di William C. Summers. L'articolo esplora l'evoluzione del concetto di "virus" dal XIX secolo fino ai giorni nostri, evidenziando come questa definizione sia stata continuamente reinventata alla luce di nuove conoscenze, valori scientifici emergenti e progressi tecnologici. L'autore sostiene che il concetto di virus non sia una scoperta statica, ma piuttosto un prodotto del discorso e delle pratiche dei virologi.


Temi Principali e Idee Chiave:


  1. L'evoluzione del concetto di "virus": L'articolo traccia la trasformazione del termine "virus" nel tempo.
  • Nel XIX secolo, "virus" si riferiva genericamente a un agente (spesso sconosciuto) che causava malattie attraverso esperimenti di inoculazione. Come afferma Summers, "Per i medici e gli scienziati del diciannovesimo secolo, il termine “virus” si riferiva spesso alla sostanza materiale responsabile del contagio della malattia."

  • Verso la fine del XIX secolo, la scoperta di agenti patogeni capaci di passare attraverso filtri che trattenevano i batteri portò all'introduzione del termine "virus filtrabile" ("filterable virus"). Il virus del mosaico del tabacco fu il più noto esempio.

  • Negli anni '30, il termine "virus filtrabile" fu gradualmente abbandonato a favore di "virus", inteso come un agente diverso dai batteri. La visualizzazione dei virus tramite il microscopio elettronico alla fine degli anni '30 confermerebbe la loro natura particellare.

  1. Il virus come "invenzione" scientifica: Summers argomenta che la categoria "virus" è stata in un certo senso "inventata" e continuamente "reinventata" dai virologi.

  • Egli sottolinea che, sebbene i virus siano oggetti naturali, la nostra comprensione e concezione di essi cambiano nel tempo in base a nuove informazioni e prospettive scientifiche. Come afferma l'autore, "In un modo molto reale, un virus è ciò che i virologi dicono che sia. È un prodotto del modo in cui i virologi parlano dei virus, ovvero del modo in cui i fatti sui virus sono organizzati nel loro discorso."

  • Questa prospettiva si discosta da una visione della scienza come semplice accumulazione di fatti, enfatizzando invece il ruolo attivo degli scienziati nella definizione e riorganizzazione della conoscenza.

  1. Il ruolo della tecnologia: L'articolo evidenzia come i progressi tecnologici abbiano giocato un ruolo cruciale nella definizione del concetto di virus.

  • L'invenzione del filtro batteriologico di Chamberland nel 1884 permise di distinguere gli agenti "filtrabili" dai batteri. Come sottolinea Summers, "Pertanto, la tecnologia della coltura di laboratorio divenne un criterio precoce per iniziare la differenziazione dei virus (nel senso moderno) da altri tipi di microbi. I virus divennero noti per una proprietà che era assente: la coltivabilità."

  • L'introduzione di tecniche di colorazione in microbiologia rese visibili i batteri, contribuendo a definire i virus come "ultramicroscopici".

  • L'invenzione del microscopio elettronico intorno al 1940 fu determinante nel rivelare la natura particellare e la diversità morfologica dei virus, risolvendo il dibattito sulla loro presunta natura fluida.

  1. La natura ambigua dei virus: La domanda "Cos'è un virus? È vivo o non vivo?" è stata una questione centrale e controversa nella storia della virologia.

  • Nel XIX secolo, Pasteur definì i virus come "microbi", ma la scoperta di agenti filtrabili sfidò questa concezione. Beijerinck descrisse l'agente del mosaico del tabacco come un "fluido vivente contagioso" ("contagium vivum fluidum"), evidenziando la sua capacità di propagarsi pur apparendo non particellare.

  • La successiva identificazione dei virus come corpuscoli ultramicroscopici e la loro cristallizzazione da parte di Stanley portarono a considerarli come "sostanze chimiche al confine della vita".

  • La dipendenza obbligata dei virus dalle cellule viventi per la riproduzione, come sottolineato da d'Herelle e Rivers ("I virus sembrano essere parassiti obbligati in quanto la loro riproduzione dipende dalle cellule viventi"), divenne un'altra caratteristica distintiva, sebbene anch'essa soggetta a interpretazioni.

  1. La difficoltà della classificazione: L'articolo menziona la persistente difficoltà nel creare un sistema di classificazione stabile e utile per i virus, a differenza di quanto avvenuto per i batteri. I tentativi di classificazione basati su criteri fisiologici, fisici o chimici si sono rivelati insoddisfacenti. Come osserva Richard Condit, "L'attività di tassonomia ha l'obbligo di tracciare dei confini all'interno di questo continuum [della natura], un compito artificiale e illogico, ma nondimeno necessario."

  2. Il ruolo del discorso scientifico: Summers conclude che la definizione di "virus" è strettamente legata al discorso scientifico di un dato periodo storico, influenzato dagli interessi e dai problemi di ricerca prevalenti. La risposta alla domanda "Cos'è un virus?" dipende dal contesto scientifico e dall'importanza che i ricercatori attribuiscono a specifici dati e proprietà. Come afferma Luria nella sua lettera a Lwoff, "Oggi definirei un virus come 'un elemento di materiale genetico capace di assumere una forma trasmissibile mediante l’incorporazione in un apparato di trasmissione sintetizzato sotto il controllo del virus stesso' ".

Citazioni Chiave:


  • "In un modo molto reale, un virus è ciò che i virologi dicono che sia. È un prodotto del modo in cui i virologi parlano dei virus, ovvero del modo in cui i fatti sui virus sono organizzati nel loro discorso".
  • "Per i medici e gli scienziati del diciannovesimo secolo, 'virus' si riferiva più spesso alla sostanza materiale responsabile del contagio della malattia".
  • "In sintesi, 'tout virus est un microbe' [In sintesi, ogni virus è un microbo]" (citando Pasteur). "Beijerinck descrisse notoriamente tale agente come un 'fluido vivente contagioso' (contagium vivum fluidum)."
  • "[Preferiamo] la designazione meno discutibile, sebbene ancora insoddisfacente, 'virus ultramicroscopico'. Il termine 'virus' sta diventando sufficiente come nome per questi agenti" (citando Zinsser & Bayne-Jones).
  • "I virus sembrano essere parassiti obbligati in quanto la loro riproduzione dipende dalle cellule viventi" (citando Rivers). "Si dice che i virus siano molecole viventi ed enzimi autocatalitici e sono paragonati a geni e mitocondri: in breve, è stato tessuto un tessuto di concetti di una pletora di trama con una scarsità di ordito" (citando Beard).
  • "Oggi definirei un virus come 'un elemento di materiale genetico in grado di assumere una forma trasmissibile mediante l'incorporazione in un apparato di trasmissione sintetizzato sotto il controllo del virus stesso'" (citando Luria).

Conclusioni:


L'articolo di Summers offre una prospettiva storica affascinante sull'evoluzione del concetto di virus. Egli dimostra che la nostra comprensione di queste entità è stata un processo dinamico, plasmato da progressi tecnologici e cambiamenti nel pensiero scientifico. Piuttosto che una semplice scoperta, il "virus" come lo conosciamo oggi è il risultato di un continuo processo di invenzione e reinvenzione da parte della comunità scientifica. La persistente difficoltà nel fornire una definizione semplice e univoca riflette la natura complessa e mutevole di questi agenti biologici.


Prossimi Passi/Punti di Discussione:


  • Considerare le implicazioni della prospettiva di Summers sulla nostra attuale comprensione dei virus e sulle sfide future nella virologia.

  • Discutere se sia possibile o auspicabile raggiungere una definizione "stabile" di virus.

  • Esplorare come l'evoluzione del concetto di virus si sia intrecciata con la comprensione di altre entità biologiche, come batteri e geni.

  • [NdE: Identificare se la natura delle malattie associate ai virus possa avere altra origine, per esempio tossicologica anziché infettiva (ad es. radioisotopi).]


Storia Concisa della Virologia: Dalla Scoperta alla Definizione

Cronologia Dettagliata degli Eventi Principali

XIX Secolo:

Prima metà del XIX secolo: "Virus" è comunemente inteso come un agente (spesso sconosciuto) che causa malattie tramite esperimenti di inoculazione.

1878: Charles-Emmanuel Sédillot propone il termine "microbo", successivamente adottato da Louis Pasteur, definendolo come piccolo e vivente. Pasteur afferma che "ogni virus è un microbo".

1884: Charles Chamberland inventa un filtro batteriologico in terracotta non smaltata in grado di trattenere tutti i batteri conosciuti, permettendo il passaggio dell'acqua sterilizzata.

Anni 1890: Vengono pubblicati tre rapporti fondamentali sull'applicazione della filtrazione allo studio dei virus:

Loeffler e Frosch: dimostrano che l'agente del vaiolo aftoso passa attraverso il filtro di Chamberland.
Dmitri Ivanowski: osserva che l'agente della malattia del mosaico del tabacco mantiene la sua infettività dopo la filtrazione.

Martinus Beijerinck: conclude che l'agente del mosaico del tabacco è un "contagioso fluido vivente" (contagium vivum fluidum), non particolato, in grado di propagarsi e diffondersi nell'agar. La filtrabilità emerge come criterio tecnologico distintivo per i virus.

Fine del XIX secolo: L'incorporazione di tecniche di colorazione in microbiologia migliora la visualizzazione dei microbi. Tuttavia, in alcune infezioni, gli agenti infettivi rimangono invisibili al microscopio ottico, portando all'idea di "ultramicrobi". La comprensione della chimica delle soluzioni e delle molecole è ancora limitata.

XX Secolo (fino agli anni '40):

Inizio del XX secolo (fino agli anni '20):

Si diffonde l'entusiasmo per la teoria microbica, con l'ipotesi che i batteri siano la causa di tutte le patologie. Il fallimento nell'isolare un organismo coltivabile per alcune malattie è visto come un fallimento tecnico temporaneo.
Persiste il dibattito tra polimorfismo (un solo tipo di microbo con molte forme) e monomorfismo (ogni microbo è una specie individuale).
La non coltivabilità e l'invisibilità diventano proprietà associate ai virus.

1917: Félix d’Herelle scopre batteriofagi, agenti filtrabili che attaccano i batteri, formando placche su colture batteriche. Questo introduce l'idea che i virus possano essere corpuscolari.
Parallelamente, si sviluppa un metodo quantitativo per saggiare il virus del mosaico del tabacco basato sul numero di lesioni sulle foglie, supportando anch'esso una natura corpuscolare.

Anni '20:

Il dibattito sulla natura dei batteriofagi continua, con alcuni che li considerano enzimi litici.
Si fanno tentativi (senza successo) di rilevare la respirazione nei virus isolati.
Thomas Rivers ribadisce l'idea che i virus siano parassiti intracellulari obbligati.

1922: H.J. Muller ipotizza che i batteriofagi possano essere considerati "geni nudi".
Il termine "virus filtrabile" inizia gradualmente ad essere abbandonato.

1928: Viene pubblicato "Filterable Viruses" a cura di Thomas M. Rivers, la prima monografia interamente dedicata ai virus.

1929: Il concetto di filtrabilità come caratteristica distintiva è presente nel testo di Topley e Wilson.

Anni '30:

I virus sono sempre più visti come "ultramicrobi" o "piccoli microbi", corpuscoli invisibili.

1931: Ernest Goodpasture scopre che molti virus possono essere coltivati sulla membrana corioallantoidea dell'embrione di pollo, fornendo un sistema di dosaggio quantitativo e superando le barriere di specie.

1932: Elford e Andrewes utilizzano membrane di collodio con pori calibrati (gradocol) per stimare le dimensioni dei virus, aggiungendo una caratterizzazione fisica.

Theodor Svedberg e collaboratori utilizzano la velocità di sedimentazione per studiare le dimensioni e la forma macromolecolare dei virus. La centrifugazione diventa uno strumento preparativo.

Metà degli anni '30: L'ipotesi del polimorfismo batterico declina, con una maggiore attenzione alla cellula come unità fondamentale della batteriologia.

Fine degli anni '30: I chimici iniziano a studiare i virus con i loro metodi, come la sedimentazione e la diffusione, rivelando un alto contenuto proteico. Wendell M. Stanley cristallizza il virus del mosaico del tabacco e il poliovirus, portando a considerare i virus come sostanze chimiche al "confine della vita".

Si discute sulla natura "vivente" dei virus, sulla loro riproduzione (termine preferito a "replicazione") e sul loro stato di parassiti intracellulari obbligati.

Max Delbrück si ispira all'analogia tra geni e virus per studiare la moltiplicazione virale come modello per la duplicazione genica.

1939: Kausche, Pfankuch e Ruska utilizzano per la prima volta il microscopio elettronico per visualizzare i virus vegetali, confermando la loro natura particolata e rivelando la loro complessità e varietà di forme. Anche la forma fisica dei batteriofagi viene chiarita con la microscopia elettronica.

1939: Zinsser e Bayne-Jones nella revisione del loro testo definiscono "virus filtrabile" un termine insoddisfacente, preferendo "virus ultramicroscopico" e suggerendo che il termine "virus" stia diventando sufficiente.

XX Secolo (dopo gli anni '40):

Anni '40:

1945: Joseph Beard critica la mancanza di una definizione chiara di virus.

1948: N.W. Pirie esprime ancora scetticismo sulla natura molecolare dei virus.
Un primo tentativo di classificazione tassonomica dei virus (Bergey's Manual) si rivela insoddisfacente.

1949: John Enders e collaboratori adattano le colture cellulari in vitro per la crescita e il dosaggio dei virus animali, un progresso significativo.

Anni '50:

1953: Salvador Luria pubblica il suo testo "General Virology".

1957: André Lwoff afferma che "i virus sono virus". Nello stesso anno, Luria propone una sua definizione di virus come "un elemento di materiale genetico capace di assumere una forma trasmissibile mediante incorporazione in un apparato di trasmissione sintetizzato sotto il proprio controllo".

Sviluppi successivi: Il concetto di virus continua ad evolvere con nuove scoperte e tecnologie, spostando l'attenzione sulle proprietà genetiche, la replicazione, la struttura molecolare e le interazioni con l'ospite. La classificazione dei virus rimane una sfida.

Cast dei Personaggi Principali e Brevi Biografie

Aristotele: Filosofo greco antico (IV secolo a.C.). La sua idea di "categorie naturali" è menzionata come un concetto a cui i virologi moderni spesso aderiscono per definire i virus.

Louis Pasteur (1822-1895): Chimico e microbiologo francese. Ha contribuito significativamente alla teoria dei germi e ha adottato il termine "microbo". Credeva che "ogni virus fosse un microbo".

Charles-Emmanuel Sédillot (1804-1883): Chirurgo francese. Nel 1878 propose il termine "microbe" per descrivere i piccoli agenti viventi responsabili delle malattie.

Charles Chamberland (1851-1908): Microbiologo francese, collaboratore di Pasteur. Nel 1884 inventò il filtro batteriologico in terracotta che porta il suo nome, cruciale per la distinzione dei "virus filtrabili".

Friedrich Loeffler (1852-1915): Microbiologo tedesco. Insieme a Paul Frosch, nel 1898 dimostrò che l'agente del vaiolo aftoso era in grado di passare attraverso i filtri batteriologici.

Paul Frosch (1860-1937): Batteriologo tedesco. Collaborò con Loeffler nella scoperta della natura filtrabile dell'agente del vaiolo aftoso.

Dmitri Ivanowski (1864-1920): Botanico russo. Nel 1892 fu il primo a dimostrare che l'agente della malattia del mosaico del tabacco poteva passare attraverso i filtri che invece trattenevano i batteri.

Martinus Willem Beijerinck (1851-1931): Microbiologo e botanico olandese. Verso la fine del 1890, studiando la malattia del mosaico del tabacco, concluse che l'agente era un "contagioso fluido vivente" (contagium vivum fluidum), non particolato, ma capace di riprodursi.

Félix d’Herelle (1873-1949): Microbiologo franco-canadese. Nel 1917 scoprì i batteriofagi, virus che infettano i batteri, e li descrisse come parassiti intracellulari obbligati. Nel 1924 teorizzò che i virus potessero rappresentare unità primordiali della vita.

Frederic W. Twort (1877-1937): Batteriologo inglese. Nel 1915 osservò la lisi di micrococchi contaminanti in colture acellulari del virus del vaiolo vaccino, un'osservazione precoce dell'attività dei batteriofagi.

H.J. Muller (1890-1967): Genetista americano, premio Nobel. Nel 1922 ipotizzò che i batteriofagi potessero essere considerati "geni nudi".

Thomas M. Rivers (1888-1962): Virologo americano del Rockefeller Institute. Nel 1926 ribadì che i virus sembravano essere parassiti obbligati e nel 1928 curò la prima monografia dedicata ai virus ("Filterable Viruses").

Edwin O. Jordan (1866-1936): Batteriologo americano. Già nel 1908 includeva un capitolo sui virus filtrabili nel suo influente "Textbook of General Bacteriology".

Hans Zinsser (1878-1940): Batteriologo americano. Nel suo testo del 1911 discusse la filtrabilità e la non coltivabilità di alcuni virus. Nella revisione del 1939, insieme a Stanhope Bayne-Jones, dichiarò "virus filtrabile" un termine insoddisfacente.

Stanhope Bayne-Jones (1888-1970): Medico e microbiologo americano. Collaborò con Zinsser alla revisione del suo testo nel 1939, criticando il termine "virus filtrabile".

William J. Elford (1896-1969): Batteriologo inglese. Insieme a Christopher Andrewes, utilizzò filtri a membrana (gradocol) per stimare le dimensioni dei virus negli anni '30.

Christopher H. Andrewes (1892-1988): Virologo inglese. Collaborò con Elford nella determinazione delle dimensioni virali tramite filtrazione.

Theodor Svedberg (1884-1971): Chimico svedese, premio Nobel. Sviluppò la tecnica della ultracentrifugazione e la sua applicazione allo studio delle macromolecole, inclusi i virus, per determinarne dimensioni e forma.

Gustav Adolf Kausche (1901-1977), Ernst Pfankuch (date sconosciute), Helmut Ruska (1908-1985): Scienziati tedeschi che nel 1939 furono tra i primi a utilizzare il microscopio elettronico per visualizzare i virus vegetali.

Wendell Meredith Stanley (1904-1971): Biochimico americano, premio Nobel. Negli anni '30 riuscì a cristallizzare il virus del mosaico del tabacco e il poliovirus, portando a considerare i virus come entità chimiche.

Roger Adams (1889-1971): Chimico organico americano, noto per la sua influenza sui giovani chimici, tra cui Stanley.

Jules Bordet (1870-1961): Immunologo e microbiologo belga, premio Nobel. Credeva che la moltiplicazione dei batteriofagi fosse un prodotto metabolico della cellula ospite.

Ernest William Goodpasture (1886-1960): Patologo americano. Nel 1931 scoprì che molti virus potevano essere coltivati sulla membrana corioallantoidea dell'embrione di pollo.

John Franklin Enders (1897-1985): Virologo americano, premio Nobel. Nel 1949, insieme a Thomas Weller e Frederick Robbins, sviluppò la tecnica di coltivazione dei virus in colture di tessuti umani in vitro.

Max Delbrück (1906-1981): Fisico e biologo tedesco-americano, premio Nobel. Fu uno dei pionieri della biologia molecolare e utilizzò i batteriofagi come sistema modello per studiare la genetica e la replicazione.

Emory L. Ellis (1906-1991): Biologo americano. Collaborò con Delbrück nei primi studi sui batteriofagi al California Institute of Technology.

Joseph W. Beard (1901-1993): Virologo americano. Nel 1945 criticò la vaghezza della definizione di virus.

Norman Wingate Pirie (1907-1997): Biochimico britannico. Nel 1948 espresse dubbi sulla natura puramente molecolare dei virus.

Salvador Edward Luria (1912-1991): Microbiologo italiano-americano, premio Nobel. Nel 1953 pubblicò "General Virology" e nel 1957 propose una sua definizione di virus.

André Michel Lwoff (1902-1994): Microbiologo francese, premio Nobel. Nel 1957 affermò la famosa frase "i virus sono virus" e sottolineò la difficoltà di una definizione univoca.

Richard Condit (data sconosciuta): Virologo moderno citato per la sua osservazione sulla natura artificiale ma necessaria della tassonomia virale.

Francis O. Holmes (1888-1973): Botanico americano che sviluppò un saggio biologico quantitativo per il virus del mosaico del tabacco basato sulle lesioni fogliari.

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